Europa – un “Progetto rivoluzionario”

Europa – un “Progetto rivoluzionario”

Breve contributo dalla prospettiva storica sulle radici religiose dell’Europa e le sue criticità

“Non solo libri, anche i concetti hanno il loro destino”. Con queste parole inizia la voluminosa Storia dell’Occidente, che lo storico Heinrich August Winkler ha pubblicato nell’anno 2009. Anche se Winkler spiega qui lo specifico dell’ “Occidente”, fornisce anche allo stesso tempo elementi che servono a pensare sull’Europa; il fatto che concetti e significati cambino, può essere confortante, minaccioso o un segno di speranza. Così pure in Europa. Vale la pena, quindi, di gettare uno sguardo intenso sui suoi pensieri.

Ne conseguono osservazioni fondamentali anche sull’Europa in generale, in cui possiamo seguire Winkler.

In primo luogo, l’impronta comune più forte dell’Europa è ancora di natura religiosa. Questa diagnosi può sorprendere di fronte a sviluppi laicisti e secolarizzati; ma la secolarizzazione così estesa può solo essere compresa come reazione ad una potente impronta religiosa, nella quale fin dall’inizio era registrata la distinzione tra ordine divino e secolare. Questo fondamento storico forma le radici dell’Europa, anche se la storia della religione in Europa anche per questo è una storia di separazione.

In secondo luogo l’Europa non ha mai avuto una via lineare di progresso. L’Europa non è una storia continua di successi, quanto piuttosto una storia di rotture, di distruzioni, di nuovi inizi e del sogno sempre rinnovato di una comunità di valori. Oltre a ciò questa comunità è sorta solo in “collaborazione transatlantica” – come Winkler la definisce – , perché senza la Dichiarazione dei diritti del 1776 non c’è una Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dei diritti civili. La prospettiva è dunque larga.

In terzo luogo appartiene all’Europa la “contraddizione tra il progetto normativo e la prassi politica” (Winkler, 21) e con questo la non contemporaneità nella realizzazione del suo progetto rivoluzionario: la libertà e l’uguaglianza di tutti gli uomini. Anche oggi questo è in ultima istanza ancora sempre un ideale.

Quali le conseguenze? La conseguenza è o quella di abbandonare il progetto rivoluzionario di libertà e di uguaglianza, o quella di attenersi ancora più intensamente alle sue linee di base. Sulla pista di Winkler l’Europa “non può fare altro di meglio per la diffusione dei suoi valori che attenersi ad essi e gestire in maniera autocritica la propria storia, che per lunghi tratti è stata una storia di violazioni contro i propri ideali” (Winkler, 24) e lo è ancora. Ciò significa anche: ad fontes! Dove sono le radici di questo sogno, di questo progetto rivoluzionario – e come si può vivere oggi di questo? E ancora: non può essere che Comunità e Movimenti spirituali debbano avere qui un compito speciale?

Sr. Nicole Grochowina (altro…)

Dialogo tra diversi

Dialogo tra diversi

Ecco uno stimolo, un arricchimento per quanti di noi il 9 maggio, “Festa dell’Insieme per l’Europa” desiderano aprire una tavola rotonda per dialogare tra “diversi”, come Est e Ovest, Sud e Nord, membri di varie Chiese, credenti e non, persone del posto o rifugiati… 

La composizione diversificata dell’Europa

Per inquadrare bene la situazione europea, è utile tener presente la sua realtà geopolitica e culturale.

L’Europa Occidentale è principalmente un concetto socio-politico e identifica in particolare i Paesi europei del “primo mondo”, frutto di un cammino politico, economico e culturale plurisecolare, diverso da quello dell’Est-europeo. Oggi il termine Europa Occidentale è anche comunemente associato alla democrazia liberale, al capitalismo e anche all’Unione Europea, nonostante l’allargamento ai Paesi dell’Est. La maggior parte dei Paesi della regione condividono la cultura occidentale che sembra sia oggi in crisi. E si notano differenze e tensioni anche all’interno dell’Occidente, ad esempio fra Nord e Sud. Oppure, pensiamo alla Chiesa d’Inghilterra che, dopo la Brexit, sicuramente non vorrà lasciare l’Europa, ma intensificare i suoi rapporti ecumenici.

L’Europa Orientale è piuttosto un concetto geografico, una terra articolata al suo interno con differenti tradizioni e problematiche. Culturalmente si può distinguere, grosso modo, fra Mitteleuropa, Balcani e Paesi dell’ex-Unione Sovietica; e, religiosamente, fra il mondo cattolico-protestante e quello ortodosso, con conseguenze sul modo di pensare e di agire. Denominatore comune è la condizione del post-comunismo, con travagli sociali e politici di un difficile cammino di democratizzazione. Con l’allargamento della UE ad alcuni Paesi dell’Est avviene, nei nuovi stati-membro, un adattamento abbastanza rapido al sistema economico e giuridico occidentale, mentre l’avvicinamento culturale è molto più lento.

Costruire prima una cultura dell’incontro

Per arrivare ad un dialogo fruttuoso fra Est e Ovest, occorre procedere per gradi e non affrontare i problemi di petto. Secondo il cammino di Insieme per l’Europa, condensato in 18 anni di esperienza, espresso densamente durante il grande evento di Monaco 2016, è necessario uscire dall’atteggiamento di critica e di difesa, e promuovere una cultura dell’incontro, di conoscenza reciproca e di riconciliazione.

L’Est ha guardato all’Ovest, negli ultimi secoli, come modello culturale e politico, ed ha sviluppato una comprensione di ciò che avviene nei Paesi occidentali. Gli europei dell’Est devono spesso constatare, dolorosamente, la mancanza di conoscenze minime da parte degli occidentali e le incomprensioni che ne derivano. Senza il riconoscimento dei valori dell’Est da parte dell’Occidente non si può arrivare all’uguaglianza e alla reciprocità. Ci vogliono, quindi, umiltà, fiducia, conoscenza e accoglienza reciproca.

Di conseguenza, penso che, come primo passo, dovremmo promuovere una cultura dell’incontro, creare una piattaforma, una “casa” per poter dialogare. In questa fase si potrebbe riflettere anche sulle nostre tradizioni culturali e sui diversi modi di pensare, per prepararci al dialogo costruttivo.

Stralcio dal discorso di Pál Tóth “Cultura dell’incontro e del dialogo fra Est e Ovest in Europa”, Incontro “Amici” di Insieme per l’Europa – Vienna, 10 novembre 2017

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I princìpi del dialogo

I princìpi del dialogo

Jesús Morán è il Copresidente del Movimento dei Focolari: Laurea in filosofia, Dottorato in Teologia. Ecco i suoi pensieri stimolanti per imparare il “linguaggio della fraternità”, condensati in 7 punti.

1. Il dialogo è sempre incontro personale. Non si tratta di parole o pensieri, ma di donare il nostro essere. Non è semplice conversazione ma qualcosa che tocca gli interlocutori nel profondo. Diceva Rosenzweig: «Nell’autentico dialogo qualcosa accade sul serio». In altre parole: non si esce indenni da un vero dialogo, qualcosa cambia in noi.

2. Il dialogo richiede silenzio e ascolto. Il silenzio è fondamentale per un retto pensare e parlare. Un silenzio profondo, coltivato con pazienza in solitudine e messo in pratica di fronte all’altro, al suo pensare, al suo parlare. Ecco un bel proverbio indù: «Quando parli fa in modo che le tue parole siano migliori del tuo silenzio». Oggi è più che mai necessario – affermava Benedetto XVI – «un ecosistema che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni». Nell’esercizio del dialogo abbiamo bisogno del silenzio, per non logorare le parole stesse.

3. Nel dialogo rischiamo noi stessi, la nostra visione delle cose, la nostra identità, anche culturale. Dobbiamo conquistare una «identità aperta», matura, e allo stesso tempo allenata su un assioma antropologico fondamentale: «Quando ci capiamo con qualcuno, so meglio anche chi sono io». Parafrasando un’idea di Klaus Hemmerle: se mi insegni il tuo pensare, io potrò imparare di nuovo il mio annunciare.

4. Il dialogo autentico ha a che fare con la verità. Ma attenzione: la verità è una realtà relazionale (non relativa, il che è diverso). Significa che la verità è la stessa per tutti, ma ognuno mette in comune con gli altri la sua personale partecipazione e comprensione della verità. Quindi la differenza è un dono, non un pericolo. «Il dono della differenza» è un altro pilastro della cultura del dialogo.

5. Il dialogo richiede volontà. L’amore alla verità mi porta a cercarla, a volerla, e per questo mi metto in dialogo. Spesso si pensa che dialogare sia cosa da deboli. In realtà è il contrario: solo chi ha una grande forza di volontà rischia sé stesso nel dialogo. Ogni atteggiamento dogmatico o fondamentalista nasconde paura e fragilità. Bisogna diffidare di chi normalmente ricorre alle grida, usa parole altisonanti o frasi squalificanti per imporre le sue convinzioni. La forza bruta, anche dialettica, potrà vincere, ma mai convincere.

6. Il dialogo è possibile solo tra persone vere. L’amore, l’altruismo e la solidarietà preparano le persone al dialogo facendole vere. Gandhi e Tagore avevano un’idea molto diversa del sistema educativo da impiantare nell’India indipendente, ma questo non ha ostacolato la loro amicizia. Papa Wojtyla e il presidente Pertini ebbero, durante un lungo periodo, un’intesa profonda sul destino dell’umanità, eppure viaggiavano su categorie quasi opposte.

7. La cultura del dialogo conosce solo una legge, quella della reciprocità. Solo in essa il dialogo trova senso e legittimità. Se le nazioni ricorressero al dialogo prima che al tacere omicida della vendetta o della ricchezza o dell’affermazione personale, nuoteremmo nella felicità di cui oggi ci priviamo. Se le religioni dialogassero per onorare Dio; se le nazioni si rispettassero e capissero che la propria ricchezza è fare ricca l’altra; se ognuno percorresse un “piccolo sentiero personale” di novità, ci potremmo lasciare alle spalle la notte di terrore nella quale annaspiamo. Quali gli ostacoli sul piccolo sentiero? Il giudizio, la condanna, la superbia intellettuale.

Il lavoro da fare è artigianale per l’impegno che richiede, senza distrazioni o compromessi, ma è pregno di cultura, più di una professione. È un’attività faticosa e impietosa. Ma ci salva la Misericordia. (altro…)

Il nostro SI’ all’Europa

Il nostro SI’ all’Europa

Fin dalla sua nascita 18 anni fa Insieme per l’Europa ha come suo mandato fondamentale di impegnarsi per l’unità del popolo di Dio. Il secondo mandato fondamentale è la dimensione sociale dell’Insieme per l’Europa. Questo mandato riceve una nuova sfida di fronte all’attuale crisi europea, per vivere un insieme in Europa nella molteplicità delle culture e delle nazioni.

 L’unità è possibile 

“Unità e diversità sono originarie in modo uguale [1]” così si espresse Br. Franziskus al Congresso di Insieme per l’Europa nel 2007. In modo simile scrive Piero Coda: “Se Dio è Trinità, unità e diversità non solo non sono in contraddizione, ma sono originarie in modo uguale [2]”. Fin dall’inizio ci ha accompagnato una immagine dell’unità che riconosce e afferma la diversità donataci da Dio. Egalitarismo minaccia le identità e può quindi portare alla rottura dell’unità nella diversità. Questo vale sia per l’ambito politico che per quello religioso.

Unità in diversità riconciliata

A motivo delle molte rotture nella vita dei singoli, tra le Chiese e tra i popoli c’è ora bisogno di riconciliazione degli opposti, per giungere ad un’unità riconciliata nella diversità. Ciò vale anche per la diversità delle culture. Ora è il tempo della riconciliazione invece di condanna e delimitazione. Con ciò si apre il futuro, perché il veleno del passato perde il suo effetto. Con ciò il diverso e lo straniero perdono la loro minaccia e diventano dono. Come riconciliati riconosciamo la ricchezza della vita nella diversità. In tutto è Gesù il centro che ci fa uno. Egli ci dà la forza e la speranza per l’unità in diversità riconciliata, perché Gesù Cristo ha riconciliato il mondo con Dio.

Vita insieme come segno profetico

Il nostro Insieme in Europa viene vissuto in pratica nei rapporti tra di noi. Noi ci mettiamo in viaggio per visitare gli altri. L’Insieme in Europa fa sorgere nuovi rapporti, porta riconciliazione e futuro. Fa risplendere qualcosa dell’essenza di Dio, in quanto crea unità, cioè è un segno profetico.

La preghiera porta cambiamento

La preghiera fa parte del compito di Insieme per l’Europa. Non vogliamo omettere di pregare per l’Europa. La preghiera opera cambiamento. Cambia noi e l’atmosfera nel nostro Paese ed in Europa, cambia i cuori delle persone.

La nostra speranza e il nostro SI’ all’Europa

Noi ci impegniamo per l’Europa, perché abbiamo compreso questo come un compito da parte di Dio per noi. Diciamo un SI’ deciso ad un’Europa dell’unità e della molteplicità delle culture e delle nazioni. Ci è di luce davanti agli occhi in questo un quadro positivo dell’Europa. Ci impegniamo per una cultura dell’Insieme, che sorge sulla base della fede cristiana. La nostra speranza per l’Europa la formuliamo in 5 SI’.

Diciamo di SI‘ ad un’Europa della riconciliazione.

Dal miracolo della riconciliazione dopo la catastrofe delle Guerre Mondiali è sorta una nuova Europa. La forza della riconciliazione, che noi riceviamo dalla fede cristiana, rende possibile una guarigione delle ferite storiche e un Insieme riconciliato delle diversità.

Diciamo di SI’ ad un’Europa dell’unità nella diversità.

Riconosciamo la diversità come ricchezza. Molteplicità e diversità e sono originarie in modo uguale. Si tratta di tenere entrambe in un buon equilibrio. Siamo contenti dell’altro e dei suoi carismi. Tale cooperazione di carismi serve all’unità del popolo di Dio e all’unità dell‘Europa. Ci impegniamo per un organismo federale in Europa. Con rispetto e stima prestiamo attenzione a prospettive e sfondi culturali diversi.

Diciamo di SI’ ad un’Europa dell’incontro, del dialogo e della pace

La reciproca comprensione nasce dall’incontro. Questa è una delle esperienze fondamentali in Insieme per l’Europa. Diciamo di SI’ ad un’Europa che cerca il dialogo con tutti e sceglie la via del trattare i vari interessi. L’Unione Europea e il processo d’unità dell’Europa ci ha concesso 70 anni di pace nell’ambito dell’Unione Europea. Chi sottolinea troppo marcatamente l’elemento nazionale, richiamerà gli spiriti maligni nazionalisti e porterà alla distruzione. Chi rinnega l’elemento nazionale, rinnega la diversità e impedisce il sorgere di una comunità europea. Noi incoraggiamo un dialogo aperto per un’Europa che vive insieme in pace.

Diciamo di SI’ ad un’Europa della misericordia e dell’umanità

La speranza cristiana ha dato l’impronta alla storia d’Europa. Essa é una fede aperta al mondo. Umanità e misericordia hanno la loro origine in Gesù crocifisso e abbandonato e danno l’impronta al Continente. Esse si mostrano nell’incondizionato SI’ alla vita, nel SI’ al matrimonio ed alla famiglia, nel al SI’ per i poveri ed i bisognosi.

L’ Europa è più dell’euro, più dell’economia di mercato. Per questo coi impegniamo a costruire un’Europa sulla base dell’eredità cristiano-giudaica, pienamente aperti rispetto a quanti pensano e credono diversamente. Così rafforziamo l’anima dell’Europa.

Diciamo di SI’ ad un’Europa a cui Dio ha affidato una vocazione nel corso della storia [3]:

L’insieme di cielo e terra, l’insieme di fede e incidenza nel mondo, perché nel Crocifisso s’incontrano cielo e terra. In questo compito per l’Europa riconosciamo anche una responsabilità per l’Africa ed il Medio Oriente.

 Il Dio vivente ha affidato molto al nostro Insieme. Per questo vogliamo esprimere il nostro SI’ all’Europa nei nostri Movimenti e pubblicamente.

Gerhard Pross, Vienna, 10 novembre 2017 (versione breve)

[1]  „Miteinander auf dem Weg“ ISBN 978-3-00-022045-6, Br. Franziskus Jöst beim MfE Kongress 2007 Stuttgart, S. 21

[2] Piero Coda in: Hanspeter Heinz [Hrsg], Christliche Kultur in einem Europa, S. 33)

[3]  P. Lothar Penners beim Europ. Trägerkreis 2016 in Castel Gandolfo mit Bezug zu Pater Kentenich. (altro…)

Introduzione di Gérard Testard

Introduzione di Gérard Testard

L’Unione Europea è un’organizzazione spesso non amata dall’opinione pubblica. Molti politici non mancano di criticarla, spesso per difendersi meglio dalla loro carente politica interna.

L’Unione Europea non è esente da difetti (abbondanza di standard, complessità, tecnocrazia, distanza dalle persone …).

Eppure, grazie all’Unione Europea, l’Europa è stata globalmente in pace per oltre 70 anni. Robert Schuman è uno dei “padri dell’Europa” ed è lui a lanciare la costruzione europea il 9 maggio 1950, quando era ministro degli Esteri francese. Era una personalità riconosciuta, un cattolico praticante con una vita spirituale profonda e che mostrava grandi valori morali. Sarà l’uomo provvidenziale per lavorare in vista della riconciliazione franco-tedesca, feroce oppositore dello spirito di rivincita sempre pronto a emergere. In questo egli prende una posizione totalmente opposta a quella del trattato di Versailles, che pose fine alla Grande Guerra.

Originario della Lorena, nato in Lussemburgo e cresciuto in Germania, è sempre stato attaccato alla Francia. Si definiva “un uomo delle frontiere” e aveva una visione per l’Europa. Per definire il suo ideale europeo, alla fine della sua vita ha scritto un piccolo libro intitolato “per l’Europa”, pubblicato nel 1963, anno della sua morte, in cui riprende i suoi discorsi e descrive il progetto europeo, la sua visione della democrazia. Le citazioni qui sotto sono tratte da questo opuscolo.

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Citazioni di Robert Schuman

L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. (Discorso del 9 maggio 1950)

Le seguenti citazioni sono tratte tutte dal libro «Pour l’Europe»

“Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche.”

“L’Europa, prima che un’alleanza militare o un’entità economica, deve essere una comunità culturale nel senso più nobile del termine.”

“L’unità politica dell’Europa non significa l’assorbimento della nazione.”

“Chi non osa attaccare ciò che è male difende male ciò che è bello.”

“La democrazia deve la sua esistenza al cristianesimo. E’ nata il giorno in cui l’uomo è stato chiamato a realizzare nella sua vita temporale la dignità della persona umana, nella libertà individuale, nel rispetto dei diritti di ognuno e per la pratica dell’amore fraterno verso tutti. Mai prima di Cristo erano state formulate simili idee.”

“Abbiamo sbagliato strada finora? Il risultato dipenderà in larga misura dal valore degli uomini che abbiamo di fronte a noi, dal grado della loro sincerità, dalla comprensione che possiamo pensare in loro e nei loro successori.”

“L’idea di un’Europa riconciliata, unita e forte, dev’essere la parola di ordine delle nuove generazioni.”

“L’Europa si farà un’anima nella diversità delle sue qualità e delle sue aspirazioni. L’unità dei concetti fondamentali si concilia colla pluralità delle tradizioni e delle convinzioni, con la responsabilità delle scelte personali. L’Europa contemporanea dovrà essere fatta di una coesistenza che non sia un semplice agglomerato di nazioni rivali, periodicamente ostili, ma una comunità d’azione liberamente concertata e organizzata.”

“Le frontiere mantengono la loro ragion d’essere se sanno trasferire la loro funzione ad un livello spirituale. Al posto delle barriere che dividono, esse devono diventare linee di contatto, dove si organizzano e si intensificano gli scambi materiali e culturali.”

A proposito della dichiarazione del 9 maggio: “L’ho fatta perché credo ai fondamenti cristiani dell’Europa”.

di Gérard Testard (altro…)

Insieme per un’Europa aperta e umanitaria

Insieme per un’Europa aperta e umanitaria

Quando è nato Insieme per l‘Europa il 31 ottobre 1999, giorno in cui fu firmata la Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, regnava un atmosfera piena di speranza.

Si era avverato un segno importante dell’unità, dopo 500 anni di separazione. Diversi Movimenti e Comunità spirituali della Chiesa evangelica e della Chiesa cattolica si erano riuniti nel Centro Ecumenico di Ottmaring per riflettere su come questa Dichiarazione fondamentale potesse essere recepita. La Dichiarazione avrebbe dovuto avere anche un impronta nel quotidiana e non restare solo un testo. Karl Barth aveva affermato che un cristiano dovrebbe avere in una mano la bibbia e nell’altra il giornale.

Nel corso dei secoli che sono seguiti alla Riforma di Martin Lutero e di altri riformatori, a causa delle divisioni e dispute, i cristiani hanno ripetutamente provocato gravi conflitti o non sono stati in grado di compiere adeguatamente la loro missione come strumento di unità e di pace. Le divisioni erano un triste segno di debolezza di fronte agli sviluppi drammatici che raggiunsero il loro apice nel XX secolo con le due guerre mondiali e l’abisso della Shoah.

Tuttavia, alcuni cristiani sono stati sempre di nuovo testimoni credibili. Nell’annuncio del Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II ha affermato che la Chiesa del nostro tempo è diventata, come mai prima, una Chiesa dei martiri. E questo, secondo il Papa polacco che aveva vissuto l’oppressione della Chiesa nel percorso della sua vita, era un fenomeno ecumenico. Non solo perché riguardava tutte le denominazioni, ma anche perché i cristiani hanno già vissuto nella sofferenza delle persecuzioni nei gulag e nei campi di concentramento, un’unità che dobbiamo ancora costruire. Andrea Riccardi ha espresso questa storia in modo impressionante nel suo libro “Sale della terra, luce del mondo”.

Con l’evento storico della Dichiarazione congiunta doveva iniziare una nuova storia di unità e di cooperazione. Dopo così tante divisioni causate dall’Europa e dopo tanta violenza, i Movimenti hanno voluto aiutare nella costruzione di un’Europa che contribuisca alla pace, all’accoglienza e ad un’apertura. La globalizzazione ha prodotto un’unità sotto l’aspetto dell’economia, del denaro e della comunicazione, ma manca l’anima, manca l’unità di popoli e di culture in una convivenza pacifica e aperta. I Movimenti hanno riconosciuto qui una vocazione, una seconda vocazione che si aggiunge a quella del proprio carisma.

Nel periodo storico dei quasi 20 anni di ‘Insieme per l’Europa’ abbiamo sperimentato diverse fasi. C’è stato un periodo di euforia con l’unione monetaria e l’espansione verso l’Est nel 2004, cosa che si era avvertita al primo grande Congresso di Stoccarda. I Movimenti volevano rafforzare e sostenere il processo di unificazione europea. Perché, secondo le convinzioni dei padri fondatori di stampo cristiana dell’unificazione europea, di cui si è celebrato nel 2017 il 60 ° anniversario dai Trattati di Roma, questo processo ha bisogno di un fondamento spirituale. L’Europa ha bisogno di un’anima, come abbiamo più volte sottolineato.

Oggi si è diffuso lo scetticismo riguardo all’Europa. Ci sono tendenze preoccupanti di preclusione,  vengono costruiti muri, l’Europa diventa una fortezza che esclude e rifiuta. Una paura diffusa si manifesta in tutte le società europee e prende anche i cristiani. Questa pericolosa paura porta a nuovi nazionalismi emarginanti, alla xenofobia e all’antisemitismo, fino ai movimenti di estrema destra e di stampo fascista, che influenzano sempre più la politica europea.

Pertanto, la questione della nostra vocazione di ‘Insieme’ sorge in questo momento con una nuova urgenza. Con l’aumentare delle posizioni l’uno contro l’altro, i cristiani e i Movimenti cristiani devono approfondire la loro comunione. Il nostro percorso è sempre stato caratterizzato da ospitalità (accoglienza) e apertura. L’unità è possibile solo attraverso l’apertura, la conoscenza reciproca e l’accettazione dell’altro. Soprattutto in questa fase storica, è necessaria l’audacia e la profezia dei cristiani. Perché le attuali tendenze nelle nostre società europee sono pericolose e promuovono la violenza. I poveri, i rifugiati, gli stranieri e tutti coloro che vivono ai margini ne soffrono maggiormente.

La festa dell’Europa del 9 maggio potrebbe essere un momento opportuno per sottolineare la bellezza e la ricchezza dell’unità. Possiamo mettere in chiaro che la diversità, l’apertura, l’ospitalità e l’accettazione dello straniero non sono un pericolo, ma un arricchimento per tutti. Dalle fonti del Vangelo sono emersi molti Movimenti con le loro storie, vocazioni e carismi. Ma lavorare insieme non toglie niente a nessuno, al contrario, nell’incontro ci siamo arricchiti e abbiamo approfondito il nostro stesso carisma. Quest’esperienza è ancor più necessaria oggi di quanto non fosse 18 anni fa, quando iniziò il nostro cammino insieme a Ottmaring.

Don Matthias Leineweber

 

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