I giovani amano la concretezza

da | Apr 30, 2018

L‘Europa ha un futuro? Quale contributo vedete, per esempio, da parte delle Chiese e dei Movimenti / Comunità cristiane? Certo che l’Europa ha un futuro! E vi hanno un ruolo le comunità e le Chiese individualmente e insieme, col rafforzamento della sfera civile. Quella sfera civile che, col tempo, produrrà i suoi nuovi capi politici, […]

L‘Europa ha un futuro? Quale contributo vedete, per esempio, da parte delle Chiese e dei Movimenti / Comunità cristiane?

Certo che l’Europa ha un futuro! E vi hanno un ruolo le comunità e le Chiese individualmente e insieme, col rafforzamento della sfera civile. Quella sfera civile che, col tempo, produrrà i suoi nuovi capi politici, mentre nel frattempo rafforza e sviluppa l’impegno civico. «Il danno più grande è provocato da quei milioni di persone che vogliono semplicemente “sopravvivere”». Così queste comunità hanno un ruolo, perché portano a conoscenza, esercitano e sviluppano le proprie istanze (ad esempio, ordine, libertà, obbedienza, responsabilità, uguaglianza, gerarchia, rispetto, correzione, proprietà privata, proprietà collettiva, verità e così via).

Il 9 maggio si celebra la “Giornata dell’Europa”. Cosa suscita in voi questa data? Come vi piacerebbe che gli europei la celebrassero?

La scelta della data, come l’iniziativa, si capisce che è buona e necessaria. La domanda è sul «come». Si dovrebbe costituire una celebrazione che – oltre alle conferenze interdisciplinari dei vari ambiti scientifici – possa interpellare tutta la società. Non dei festeggiamenti ufficiali, bensì, ad esempio, una «manifestazione di massa» simile al progetto delle capitali della cultura. L’esperienza insegna che è sempre la politica a costruire le celebrazioni ufficiali. Però questo utilizzo ai propri scopi allontana la gente dalle forme ufficiali.

Se uno di voi fosse Presidente della Commissione Europea (cioè, avessi funzioni di responsabilità e decisionali), quale sarebbero le priorità sull’agenda per mantenere e incrementare l’unione dei popoli europei?

Non volendo l’uniformità, puntare al perseguimento, rafforzamento e accelerazione dell’integrazione, sulla base del riconoscimento reciproco delle identità e della solidarietà. Questo debole sistema federativo è evidente che non funziona. Ne abbiamo un esempio negli USA, ove invano si parla la stessa lingua, ma si sono tralasciate le forme più sciolte a favore della centralizzazione. Continuare e allargare i progetti internazionali, come per esempio l’ERASMUS, ai ricercatori e docenti universitari e poi, col tempo, anche agli educatori e insegnanti dei gradi di istruzione inferiori. Rendere obbligatorio un periodo di sei mesi all’estero per gli universitari, indipendentemente dalla materia di studio. Brevi corsi continuativi interuniversitari tra Paesi confinanti (ad esempio, con università estive).

Come vedete l’Europa nel contesto della politica mondiale odierna?

Si trova di fronte a due sfide essenziali. 1. La questione dell’unità: se non sarà capace di compattarsi e di rappresentare l’unità, potrà solo perdere il suo peso (vedi 2° questione). 2. La corruzione: anche qualsiasi abuso, anche il più piccolo, economico o morale e sessuale può danneggiare grandemente la comunità internazionale, sia che venga commesso da un ente ufficiale che da un privato. Ciò è evitabile solo e prima di tutto con un continuo e unitario esame di coscienza (riflessione).

Sembra che i giovani non si interessino tanto del futuro dell’Europa. E’ vero secondo voi?

I giovani amano la concretezza. Le cose inafferrabili non li interessano. Bisognerebbe aumentare, ad esempio, il numero degli studenti ERASMUS e investire più denaro nei programmi di studio all’estero, perché i giovani si conoscano maggiormente. Inoltre servirebbero degli obiettivi europei concreti in cui essi possano credere ed entusiasmarsi.

Cosa pensate delle tendenze populiste? Non sarebbe meglio camminare INSIEME? Ma come?

In primo luogo, esse sono la conseguenza delle ultime crisi economiche; in secondo luogo, dei conflitti armati e degli scontri (ad esempio certe ingerenze straniere); in terzo luogo, sono causate dal nazionalismo, frutto delle sopra citate realtà, nazionalismo che l’unione rappresenta difficilmente, mentre invece viene cavalcato dai populisti. E oltretutto gli elettori non hanno rapporti con i politici europei, ma vedono e conoscono soltanto i propri, della propria nazione. Essi sono direttamente responsabili di come trasmettono le fonti di Bruxelles ai rispettivi Paesi; così le folle «credono a loro». In ogni caso dobbiamo imparare ad andare avanti insieme. Come? Vedi le risposte precedenti. Il primo passo potrebbe essere il desiderio di agire personalmente e di seguito assumersi una responsabilità collettiva, riconoscendone l’efficacia e il ruolo nell’insieme.

Zsófia Bárány PhD e Szabolcs Somorjai PhD, Ungheria, ricercatori universitari nell’ambito della società, economia dell’epoca moderna, politica e storia della Chiesa.

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