Voci da Praga – 2° parte

Voci da Praga – 2° parte

Brevi interviste ad alcuni partecipanti dell’incontro degli Amici di Insieme per l’Europa a Praga 2018 – 2° parte

“Abbiamo un grande fondamento che ci lega.” Matthias Leineweber, Comunità di Sant’Egidio, Germania

“Identity is something what we desperately need!” Pavel Fischer, Senator in the Czech Parliament

“Pour leur communiquer la beauté”. François Delooz, Communauté de Sant’Egidio, Belgique

“I realised the strength of the Movements.” Pavel Černý, Pastor, Czech Republic

“Europa ist sehr bewegt”. Valerian Grupp, CVJM Esslingen, Deutschland

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Vince la verità

Vince la verità

L’Europa vive di quelle idee dalle quali è nata. 

In preparazione al prossimo incontro degli Amici di Insieme per l’Europa, ecco tre domande a Jiři Kratochvil di Praga, esperto di dialogo fra le varie culture in Europa.

Il prossimo appuntamento con gli Amici di “Insieme per l’Europa” si terrà a Praga, terra degli “hussiti”, della “primavera di Praga”, della “rivoluzione di velluto”. La grande storia del popolo ceco farà da sfondo al dialogo tra i partecipanti. Come capirla di più?

È una storia travagliata, caratterizzata dai grandi risvegli idealistici e spirituali, dalla ricerca della giustizia e della verità, spesso però finiti con disillusioni fortissime. Questo è il caso proprio dei tre momenti menzionati: il movimento hussita si è scatenato dopo la morte del sacerdote Jan Hus, bruciato sul rogo nel 1415, considerato dai suoi seguaci martire della verità; purtroppo le guerre seguenti, nelle quali non si trattava più della verità, ma del potere, hanno completamente devastato il Paese. Così anche, molti secoli dopo, nel 1968, gli attori principali della “Primavera di Praga” con grande sostegno ed entusiasmo di tutta la Nazione – cosa mai vista prima – volevano installare un regime socialista “dal volto umano”, liberato da tutte le menzogne e crudeltà del passato recente; sfortunatamente questa speranza è stata distrutta sotto le ruote dei carri armati ed è sbocciata nella rassegnazione generale, non sospesa neanche dall’eroico sacrificio  di Jan Palach (uno studente che, per protesta, si è bruciato vivo).

E poi la “rivoluzione di velluto” del 1989, che ancora tanti ci ricordiamo molto bene; è stata portata avanti dal motto del protagonista principale, Vaclav Havel: “L’amore e la verità deve vincere sopra la menzogna e l’odio”. Nessuno però si aspettava che sarebbe seguita una lotta così dura: i valori spirituali dei primi mesi, sentiti così fortemente durante le manifestazioni popolari sulle piazze, pian piano si sono spenti, essendo stati sostituiti dal pragmatismo della “tecnologia del potere”.

La bandiera del Presidente della Repubblica ceca porta lo scritto “La verità vince”. Tuttavia dalla versione originale sono state tolte due parole: “di Dio” – “La verità di Dio vince”. Siamo sicuri che la Sua verità vince alla fine della storia. Però prima forse deve subire tante sconfitte, come lo dimostra la storia (non solo quella ceca), ma questo non ci dispensa dal dovere di metterci sempre dalla Sua parte, quella della Verità.

“Insieme per l’Europa” vuol dare un contributo per costruire l’unità tra l’Europa dell’Est e dell’Ovest. Che ruolo ha la Cechia in questo impegno?

 A causa della storia religiosa travagliata la Cechia è un Paese molto secolarizzato. La maggioranza della popolazione non vuole identificarsi con una Chiesa. Ma questo non vuol dire che siano atei. Sorprendentemente, il numero degli atei dichiarati diminuisce. Tra la gente, tra i giovani ed anche tra gli intellettuali, esiste una fortissima sensibilità per i valori spirituali e culturali. Lo ha dimostrato per esempio il modo caloroso con cui, nel 2009, è stato accolto a Praga dal Comune accademico Papa Benedetto XVI. Magari proprio quest’incontro ha suscitato in lui l’idea di creare il cosiddetto “Cortile dei gentili”, una iniziativa di dialogo con il mondo “laico”.

Cercare insieme, come cristiani di diverse denominazioni uniti tra di noi, varie forme di questo dialogo, potrebbe essere una strada per il progetto “Insieme per l’Europa”. I laici secolarizzati, con tratti e lineamenti diversi, si trovano in tutte le parti dell’Europa. La Cechia potrebbe diventare un piccolo “laboratorio” del colloquio con loro. 

Pensando al futuro dell’Europa che ulteriori sfide si presentano per raggiungere la meta, l’unità?

Una domanda difficilissima, ma la risposta, anche se non semplice, mi sembra abbastanza logica. Si dice che ogni Nazione – e questo vale anche per un Continente – vive di quelle idee dalle quali è nata. Basta ricordarsi da dove è nata l’Europa in cui viviamo oggi: da Gerusalemme (fede), da Atene (ragione) e da Roma (diritto). Su queste fondamenta sicure è cresciuta la sua grandezza e ricchezza culturale, spirituale e materiale. Oggi stiamo per affrontare la situazione di una migrazione di popoli, simile a quella dall’inizio del Medioevo: la sfida più grande consiste nel saper convivere con l’alterità dei nuovi arrivati, che sicuramente saranno molti, perché le correnti migratorie continueranno non solo per i motivi politici ed economici, ma prima di tutto climatici.

Non dobbiamo illuderci: l’Europa, come la conosciamo, prima o poi sparisce, anche per i motivi di natalità decrescente. Noi cristiani dobbiamo essere la “minoranza creativa”, tornando a queste radici forti della nostra tradizione e a tutti i valori veri che ne sono nati, senza essere chiusi agli stimoli nuovi. Su questa base spirituale, chiedendo sempre la grazia di Dio, possiamo cercare la nuova unità della nuova Europa.

Jiři Kratochvil, nato nel 1953. laureato in economia a Praga, per tanti anni ha lavorato in varie ditte statali nel dipartimento finanza. Dopo la caduta del comunismo ha aiutato la Caritas a rinnovarsi. Ha vissuto in Canada, in Italia ed in  Germania, oltre che in Cechia e in Slovacchia. Attualmente lavora a Praga come traduttore per la Conferenza episcopale ceca.

Foto: Praga: ©Canva; Jiři Kratochvil: privato

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L’Europa nell’«era della paura»

L’Europa nell’«era della paura»

Occorre un impegno rinnovato ed accresciuto per promuovere una «cultura della fiducia», una fiducia nel Dio «secolare», presente in questo mondo.

E’ ancora molto attuale l’intervento di Herbert Lauenroth al Congresso internazionale di “Insieme per l’Europa – Monaco 2016″. Eccone il testo completo. 

Cari amici,

due immagini – una biblica ed una secolare – possono introdurci alle nostre riflessioni sulle varie apparenze della paura, della paura in Europa.

(1) L’immagine biblica: nel libro della Genesi Dio chiama l‘uomo in un momento drammatico: „Adamo, dove sei?“ L‘ appello va a colui, che – portato dalla paura e dalla vergogna – è fuggito nella boscaglia, si nasconde dalla visione di Dio, perché diventato cosciente della sua nudità esistenziale e della sua miseria. Questa immagine descrive la nostra attuale situazione in Europa: il nostro continente si barrica, si trincera nella sua mancanza di vie d’uscita. L’Europa allora si trova in questo sottobosco, in questo coinvolgimento pieno di paure e vergogna nelle proprie limitazioni e storie di colpa. Questo sottobosco è Idomeni, la frontiera della Macedonia, il filo spinato della frontiera tra Ungheria e Serbia, ma sta anche per le tante emarginazioni all´interno delle nostre società.

Se si prende lo scenario biblico con questa chiave di lettura, con lo sguardo sull’Europa che si sta facendo fortezza custodendosi verso i rifugiati, allora questa immagine assume ancora un altro significato e appare di fronte a noi il sovrano europeo come colui che in fondo è veramente: senza tetto, senza patria, il rifugiato nella fuga più fatale: quella da sé stesso.

L’Europa, quindi, deve sentire nuovamente questa chiamata di Dio come punto interrogativo sul suo disegno, sul suo mandato e sulla sua responsabilità per sé e per il mondo: „Europa – dove sei?“

(2) Questa immagine di una ristrettezza esistenziale, dalla quale solo Dio libera, trova una sua analogia nelle visioni di una perdizione cosmica dell’uomo moderno in uno spazio indifferente, inospitale nei suoi riguardi, che trova una sua eco nella famosa esclamazione del filosofo e matematico Blaise Pascal: „Il silenzio eterno di quegli spazi infiniti mi atterrisce.” La consapevolezza di trovarsi spostato o esposto inorridisce l’uomo isolato, ributtato su sé stesso, riecheggia come leitmotiv nella storia dell’Europa, rintracciabile in nozioni come quelle della „perdita del centro“ (“Verlust der Mitte”) oppure dello “essere senza dimora metafisico” (“Metaphysische Obdachlosigkeit”).

(3) Questa paura di perdere sé stessi o il mondo può dischiudere contemporaneamente anche un nuovo spazio di esperienza:

* Il poeta e primo Presidente della Repubblica Federale Ceca e Slovacca, Vaclav Havel, ripassando le rivoluzioni pacifiche degli anni 89/90 nei Paesi dell’Europa centrale, parlava dell´essenza della paura in quanto “paura della libertà”: „Eravamo come dei prigionieri, che si erano abituati alla prigione, e poi, ad un tratto lasciati alla libertà tanto attesa, non sapevano come vivere con essa, disperati, perché dovevano decidere loro stessi, e prendere la responsabilità per la propria vita.“ Si tratta, così Havel, di affrontare questa paura. Perché così “possono scaturire in noi anche nuove capacità. Paura della libertà può insegnarci ad usare in modo giusto questa libertà. E paura del futuro può essere proprio quel movente che ci costringe a far di tutto, perché il futuro diventi migliore.”

* Il grande teologo protestante Paul Tillich colloca la paura come esperienza fondamentale dell‘esistenza umana: “Il coraggio di esistere”, afferma lui, “ha le sue radici in quel Dio che appare, quando Dio è scomparso nella paura del dubbio.” Ciò significa: solo l’esperienza della paura come esperienza della perdita di un’immagine di Dio, dell’uomo e del mondo prima creduto immutabile, libera nel pensiero di Tillich ciò che lui chiama il „coraggio di esistere“ (Mut zum Sein). Il vero Dio – il Dio divino – appare nel cuore della paura e solo Lui opera la liberazione dalla paura. Quest’esperienza porta l’uomo agli orizzonti più profondi del suo essere. Dio si manifesta nella supposta mancanza di volto e di storia del mondo (Gesichts- und Geschichtslosigkeit der Welt) come volto dell’altro (Antlitz des Anderen).

(4) Si tratta quindi di “discendere” in questi spazi interiori di paure e smarrimenti biografici e collettivi, per incontrare lì quel Dio che ci salva.

Due esempi:
(4.1) Yad Vashem: Non dimenticherò mai la mia visita ai luoghi della Shoah nell’autunno scorso: quasi stordito, passo per questa architettura labirintica fino al “monumento per i bambini”, un luogo sotto terra, in cui la luce delle candele viene riflessa negli specchi. In questo buio luogo di risonanza di voci senza corpo, che eternamente recitano i dati di vita delle vittime innocenti, sento una nuova, profonda solidarietà riguardo a questa „proto-paura“, l´angosciante sensazione di non essere minacciato da una morte fisica, ma anche da una “culturale”, essendo cancellato dalla memoria collettiva. La testimonianza di quel luogo diventa la mia esperienza personale: dare un luogo ai nomi perduti, conservare nella memoria il nome di Dio e delle sue creature. Scrivo nel libro degli ospiti una frase del profeta Isaia e con ciò esprimo il mio turbamento, ma anche l’intuizione di una vicinanza imperdibile di un Dio Padre: „Non temere, perchè ti ho redento. Ti ho chiamato col tuo nome, tu sei mio.“

(4.2) E riguardo alle grandi narrazioni europee sulla paura, il filosofo e teologo ceco Tomás Hálík descrive un’esperienza analoga: “Il progetto arduo dell’unità europea non lo stiamo costruendo su terra incognita o incolta. Lo costruiamo su una terra, nella quale riposano tesori dimenticati, frantumi bruciati, dove Dei, eroi e delinquenti sono sepolti, dove campeggiano pensieri arrugginiti e bombe inesplose. Dobbiamo metterci in cammino e guardare nelle profondità dell’Europa, negli inferi, come Orfeo è andato da Euridice, o il Cristo ucciso da Abramo e dai Padri dell’Antico Testamento.“

(5) Nella descrizione del battesimo di Gesù nel Vangelo secondo Matteo si riassumono queste diverse discese negli abissi della paura: „Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: Questi è il Figlio mio diletto: in Lui ho posto il mio compiacimento.” Si tratta di scendere con Cristo per arrivare a quel punto-zero, da cui sorprendentemente si apre/dischiude il cielo. Ed è qui che si manifesta la legge della vita divina: „Ciò che viene dall’alto deve germogliare dal basso“. Così, in, con e per Gesù nasce quella comunità solidale, nella quale i singoli si riconoscono non solo in quanto “fratelli e sorelle”, ma innanzitutto come “figli e figlie di Dio”; una comunità, nella quale “dignità umana” e “somiglianza a Dio” formano un’unità inseparabile.

(6) Nei suoi scritti dalla prigione „Resistenza e Resa“, Dietrich Bonhoeffer vede il nucleo dell’identità cristiana nella risposta dei discepoli alla domanda di Gesù nel momento della sua paura di morte nel giardino di Getsemani: „Non potete vegliare un’ora con me?“ E’ questo l’invito alla veglia notturna accanto a Gesù, nella sua presenza rivolta verso il Padre in un mondo secolare, da sembrare senza Dio. Questa presenza di Gesù trasforma i luoghi più diversi in spazi dove si sperimenta (Erfahrungsräume) e si attende (Erwartungsräume) la vita trinitaria.

(7) La „paura“ sembra un punto chiave del Vangelo di Luca, come un primordiale e privilegiato “locus theologicus”, dove le nostre paure diffuse e „cieche“ si trasformano in quell’autentico „timore di Dio“ di Gesù, che dona la vera conoscenza. Perché:

  • In, con e per Gesù si vince la paura nell´esperienza di un auto-trascendersi  dell’uomo verso Dio: il presunto abbandono (Preisgabe) del Figlio si trasforma in donazione (Hingabe) al Padre.
  • L’unità cresce come esperienza della fiducia reciproca, di una sempre più crescente sensibilitá per il mistero di Dio, per l’inviolabile alterità dell’altro. La filosofa ebraica Simone Weil ha trovato una formula accentuata: soltanto l’incondizionato “accondiscendere alla distanza dell’altro“ rende possibile una vicinanza autentica – e la comunione con Dio e tra gli uomini.
  • Si tratta allora di preferire lo sconosciuto, l’estraneo, il marginalizzato, come luogo per imparare la fede – in, con e per Gesù.
  • Questo vale in particolare per i vari carismi e la comunione tra di loro: in un incontro di Insieme per l’Europanel novembre 2013 con Jean Vanier, fondatore dell´”Arche” a Parigi, ci siamo accorti che, in fondo, il compito dei carismi sta anche in questo: ricevere il „carisma del mondo“ e rispecchiarlo a questo stesso mondo. La testimonianza di Vanier ci ha impressionato profondamente: non di vivere in primo luogo con (mit) e per (für) i destinatari delle “beatitudini”, ma di vivere partendo (von) da loro. Loro che sembrerebbero quelli che sono bisognosi di ricevere, sono invece quelli che danno Dio. Sono portatori di un messaggio, di una presenza di Dio, che dalle periferie delle nostre società deve giungere ai rispettivi centri. Il vescovo e filosofo di Aachen, Klaus Hemmerle, formulava con estrema pregnanza: „Lascia che io impari da te il messaggio che devo trasmetterti.“

(8) Forse ci vuole in tanti cristiani una  svolta, una vera metánoia nella comprensione del mondo e di sé stessi, una nuova fede nell’amore di Dio per il mondo, rivelato in Cristo. Ci vuole un impegno rinnovato ed accresciuto per promuovere una „cultura della fiducia“, una fiducia nel Dio „secolare“, presente in questo mondo, che caratterizza la vita di Gesù.

(9) Lo sguardo alzato verso la maestosa cupola del Circus Krone potrebbe farci pensare ai trapezisti come veri artisti di una “liberazione dalla paura“, disponendo di una fiducia incondizionata, pronti all’abbandonarsi ed allungarsi verso un futuro: ognuno di loro un “saltatore nel sospeso” (H. Nouwen); istante artistico tra grazia e gravità, sempre profetico ed anche precario, mai senza rischio. Ecco la “graziosità” di questo singolare passaggio, in cui la creatura – sospesa in aria – si sa sostenuta e custodita, in certa maniera: “sciolta” (er-löst) da sé stessa e liberata verso l’altro.

“Chi salta deve saltare, chi prende deve prendere, e chi salta deve fidarsi con le braccia allungate e le mani aperte che chi lo prende ci sia. … Ricordati che sei il figlio amato da Dio. Lui ci sarà, quando farai il tuo lungo salto. Non cercare di prenderlo. Sarà Lui che ti prende. Allunga le tue braccia e le tue mani – e fidati, fidati, fidati!” (H. Nouwen)

Herbert Lauenroth, Centro Ecumenico di Ottmaring (Germania) a Monaco di Baviera, Circus-Krone-Bau, 01.07.2016

Foto: Artisti trapezio ©Thierry Bissat (MfG); H. Lauenroth: ©Ursula Haaf (altro…)